Brutte sorprese quest’anno?

Brutte sorprese quest’anno?

Quest’anno sarà un miracolo se i nostri cormi verranno fuori sani. È molto probabile che gran parte della produzione risenta di una primavera così piovosa. Le prossime settimane saranno fondamentali per capire se riusciremo ad effettuare una buona raccolta.

Lo zafferano ha necessità di una stagione primaverile bagnata, ma quest’anno è stato veramente troppo. Non è solo una questione di ristagno d’acqua. Con il sistema delle baulature riesco, normalmente, ad impedire che funghi e marcescenze aggrediscano lo zafferaneto. Il problema è stato dovuto soprattutto al fatto che la pioggia ha appesantito gli strati superiori del terreno e ha schiacciato i cormi.

Vedremo all’espianto…

Sarà zafferano italiano di Prima Categoria, ma non fa miracoli.

Sarà zafferano italiano di Prima Categoria, ma non fa miracoli.

Lo zafferano che cresce in italia è quasi sempre di buona qualità, ma in alcuni casi è proprio eccellente. Come quello che cresce in questa terra.

Argillosa, sabbiosa, ma con la giusta componente di calcare, la terra di queste vallate e dei relativi piccoli pezzi di altipiani, ha un bel tenore di umidità ma anche quel sole caldo che però non riesce a sfibrare le coltivazioni. Quando è molto freddo, le gelate non sono distruttive perché l’umidità le contiene; e quando è molto caldo, il sole da tregua abbastanza presto la sera.

Quindi quando sono arrivate le analisi del nostro zafferano sapevamo cosa aspettarci: è che non lo può sapere chi non conosce questo microclima e questa terra. E siccome lo zafferano lo vendiamo è anche giusto far vedere di che prodotto stiamo parlando.

Sulla composizione chimica magari farò un altro post: qui vi metto solo qualche tabella di raffronto per calcolare il valore della nostra spezia.

Poi vi anticipo che i prossimi giorni comincerò a postare alcuni video sul ciclo dello zafferano e a darvi uno ‘Stato dell’arte’ su quello che si può affermare con certezza sulle sue proprietà. E senza inventarmi chissà che mirabolanti qualità, perché è vero che lo zafferano lo vendiamo ma è pure vero che non c’è nessun alimento, proprio nessuno che può ringiovanirvi di 10 anni, farvi dimagrire di 5 chilogrammi in tre giorni o guarirvi da ogni cavolo di infezione o infiammazione. Meno che meno lo zafferano, anche se di Prima Categoria.

È zafferano italiano, ma comincia a girare il mondo.

È zafferano italiano, ma comincia a girare il mondo.

Zafferano italiano in trasferta.

Zafferano italiano, o meglio, di Ponte Nativo, ma ce lo siamo ritrovato alle Canarie. Non che non lo sapessimo, certo, ma vedere gli apprezzamenti di stima come questo fa sempre piacere.

Il merito, devo dirlo, è di due nostri amici, Marina ed Antonio Micucci, che ci hanno consigliato a chiedere un parere sul nostro prodotto allo chef Richard Etherington. Richard Etherington, è scozzese ma da anni è un professionista molto apprezzato nelle isole spagnole: grande sperimentatore di nuovi gusti e sapori, la sua cucina è una tappa fissa per chi visita Tenerife.

zafferano italiano, cucina europea

Zafferano italiano in trasferta alle Canarie, con una bella bottiglia di Pommery datato, il tutto orchestrato da uno chef scozzese, ecco l’idea di Europa che ci piace tanto.

Grazie Richard e grazie anche ad Antonio e Marina che hanno fatto conoscere il nostro prodotto a qualche migliaio di chilometri di distanza da dove è nato.

Richard Etherington alle prese col nostro zafferano.

Lo zafferano e la leggenda di Europa.

Lo zafferano e la leggenda di Europa.

Questa storia dello zafferano negli affreschi dell’isola di Thera (Santorini) di cui vi ho parlato in questo post, non è un un caso. Non è un caso, in genere, lo zafferano come simbolo di una certa questione; che ha pure a che fare con il termine ‘Europa’ e su quello che siamo ora, noi, oggi, e quello che siamo stati migliaia di anni fa. La faccenda è un po’ lunga da spiegare, ma vale la pena avere un po’ di pazienza.

Di nuovo ad Akrotiri

Come avrete letto, con gli affreschi che si sono trovati nell’edificio Xeste3, ad Akrotiri, sull’isola di Santorini è stato possibile ricostruire come nella civiltà minoica il passaggio da una condizione adolescenziale della donna ad una più matura, di madre, di nuova vita, sia punteggiata di riti iniziatori che vedono lo zafferano come simbolo di tutte le fasi del cerimoniale, dal krokopeplos (che è una veste gialla colorata con lo zafferano – veniva usato anche come colorante pregiato, guardate qui sotto), alle offerte agli dei.

Virginia Beane Rutter, che è una psicoterapeuta e analista junghiana, ha scritto molto sull’argomento: trovate tutto qui, ma è in inglese. In questo suo lavoro, la ricercatrice statunitense analizza sotto un profilo analitico tutti questi riti e soprattutto fa capire come tali riti non siano solo patrimonio minoico o comunque proprio della civiltà egea di 3/4.000 anni fa. Ad Atene, ad esempio, 1.000 anni dopo si svolgeva   l’Arkteia che era un cerimonia in cui le fanciulle da marito percorrevano chilometri di strada a piedi in vesti colorate di zafferano. E non ci dimentichiamo che il simbolo ‘zafferano’ si presta molto bene ad essere associato alla fisiologica maturazione fisica del corpo della donna con lo sviluppo del ciclo mestruale. E mi fermo qui, perché ripeterei cose che trovate già nel lavoro dell’analista.

A me, ora interessa un’altra questione: ed è questa.

Europa e Zeus

C’è una leggenda, che forse non tutti conoscono e che ci riguarda tutti, noi occidentali ed è quella che ci racconta come qui, in Occidente, noi ci siamo arrivati provenendo da altri luoghi, non ci siamo spuntati come funghi dopo una pioggia autunnale. Ed è la leggenda di Europa.

Europa, nel mito, è la figlia di Agenore, re di Tiro, in Fenicia, un posto che adesso è un pezzo di Siria, di Libano, d’Israele e di Palestina tutte insieme. Europa doveva essere proprio una bella ragazza perché Zeus se ne invaghì, e come fanno i potenti, volle farla sua. Ma invece di rapirla in maniera brutale, si trasformò in un bellissimo toro bianco, che mansueto e odorante proprio di zafferano – guarda un po’, la sedusse  mentre Europa si trovava in compagnia di altre leggiadre donzelle proprio in un campo coperto di ( … 3, 2, 1 e sì, su…) zafferano  e la portò a Creta dove Europa divenne donna e madre, tra l’altro di Minosse.

via da creta.

I fratelli di Europa si misero alla ricerca della sorella e cominciarono ad espandersi verso Occidente dove arrivarono in Grecia e poi in tutto il resto del continente che per questa faccenda si cominciò a chiamare proprio Europa.

Europa portò con se l’Oriente e lo zafferano, che sono rimasti con lei a dare vita a tutti noi.

Certo, è una bellissima leggenda e spiega ciò che è avvenuto qualche migliaio di anni fa tra Medio Oriente ed Europa. È lo stesso viaggio fatto da Cartaginesi, forse Etruschi, sicuramente è la strada che ha fatto Enea secondo Virgilio, e ricalca perfino qualche tappa di Ulisse.

Si spiega forse proprio così perché oltre alle incredibili proprietà curative, lo zafferano abbia rivestito per millenni questa incredibile ricchezza di significati: spezia che rappresenta un ponte fisico e spirituale tra Oriente e Occidente; e ponte che troppo spesso non amiamo ricordare.

A proposito: qui sotto trovate il percorso fatto da un altro che s’è spostato millenni fa da Oriente ad Occidente. Il mio.

Zafferano: tra gusto, bellezza e sacralità.

Zafferano: tra gusto, bellezza e sacralità.

Ci piace, ma poi scopri che…

Noi coltiviamo zafferano perché ci piace. Ce ne piace l’aroma e il sapore, un po’ meno il modo con cui ci arriviamo a quel sapore e a quell’aroma; basta chiedere a ginocchia e schiena dopo una giornata di lavoro.

Proprio perché ci piace e perché ci piace continuare una tradizione di famiglia, non abbiamo mai prestato troppa attenzione alla infinita quantità di riferimenti culturali, storici, curativi e perfino religiosi che si sono costruiti nei millenni su questa spezia: è questione di gusto, ma pure di bellezza e sacralità.

Prendete questa storia ad esempio.

zafferano: spezia sacra e curativa

Sull’isola di Santorini c’è un posto che si chiama Akrotiri, una città portuale distrutta con l’eruzione del vulcano (che poi è tutta l’isola) di metà del secondo millennio prima di Cristo.

Il paese è stato ricostruito un po’ più in alto, ma la parte bassa, che era rimasta sepolta dall’eruzione, è stata riportata alla luce alla fine del secolo scorso. Bene, le foto che vedete sono prese dall’edificio Xeste3 (se volete andare a fondo nella cosa, qui c’è un pdf da scaricare, ci vuole un po’, ma vale la pena), molto particolare che doveva essere una specie di luogo tra l’iniziatico ed il medico-curativo, visto che le due cose sono sempre state collegate nella medicina antica. Le pareti affrescate riproducono scene di un’iniziazione in cui delle giovani donne raccolgono zafferano che inseriscono poi una cesta e che viene offerto da scimmie di colore blu ad una dea assisa su un trono (questa sotto è una ricostruzione non troppo ‘distruttiva’).

Le scimmie di colore blu sono un indice di come il Mediterraneo fosse già una grande autostrada che collegava le terre che vi si affacciavano: la scimmia, in Egitto, era un animale sacro e il colore blu è il colore della sacralità negli affreschi egizi: alla stregua dei gatti, era considerato il vero animale domestico e si trovava un po’ dappertutto nell’Egitto Antico, come oggi succede in tante parti del Sud-Est asiatico. Su Santorini, tra l’altro, sono stati rinvenuti teschi di scimmia: le Cicladi erano già il ponte principale tra il mondo occidentale e quello asiatico.

Di scimmie e zafferano ne riparleremo, sempre a riguardo della civiltà minoica.

Lo zafferano, insomma, da millenni, non è mai stato solo un cibo, ma un medicamento e un sistema per entrare in contatto con la divinità: chiamarlo ‘oro rosso’ non è per nulla fuori luogo.

Se aggiungete che le donne che sono affrescate sulle pareti sono considerate da molti “le più belle donne dell’antichità”, il cerchio su nutrimento, iniziazione e sacralità, si chiude.

Sembra zafferano, ma è tradizione.

Sembra zafferano, ma è tradizione.

È tutto zafferano, è anche zafferano.

Non produciamo solo zafferano di grande qualità, lavorato a mano dalla lavorazione della terra fino alla raccolta. Da quando abbiamo cominciato questa lenta avventura, a noi è interessato raccontare una storia, una ‘buona’ storia. È una storia fatta di tempi diversi da quelli che vive la maggior parte di noi. Sono tempi più lenti, meno ‘adrenalinici e per questo con un sapore differente.

Anche la confezione che contiene il nostro zafferano fa parte di questa storia. È di vetro, il piccolo contenitore degli stimmi; ma di legno e ceramica sono i materiali che avvolgono il vetro. 

Realizzare prodotti artigianali come queste scatole non è possibile se dovessimo tenere conto dei costi.

Le scatole sono state prima progettate per far scorrere bene il coperchio e per stabilire l’esatto alloggiamento della ceramica. La ceramica è un materiale inerte, ma ha un suo ciclo di vita fatto di restringimenti ed espansioni a seconda dell’umidità e della temperatura. Se Andrea, oltre alla passione dello zafferano, non lavorasse per professione la ceramica da 35 anni, quella scatola non sarebbe stata possibile. E neanche sarebbe stato possibile personalizzarla, scrivendo a mano nomi e dediche. Stesso discorso per il legno, che per quanto semplice abete andava pitturato (a mano anche questo), per dare quel sapore di un secolo fa.

la storia di questi luoghi

E anche le pagine che leggete sul vostro browser possono esistere perché i miei ritagli di tempo sono finiti a raccontare proprio questa storia. Che non è proprio la nostra storia, ma quella di un territorio che da secoli è rimasto immobile, ancorato a tradizioni che non si sono modificate se non a fatica e con tempi biblici.

La ricca povertà di questa terra sta anche in questa piccola tradizione di zafferano, legno e ceramica e in questa storia che ci piace raccontare per lasciarne una piccola traccia.